“Improvvisamente eravamo tutti stati catapultati nel contatto con se stessi e la propria ristretta cerchia familiare o addirittura nella cruda solitudine.
Tutti si capiva quali fossero le cose davvero importanti nella vita.
Era aprile.
Le cose “essenziali” a detta di Peppino Conte, quelle che erano autorizzate ad andare avanti nonostante la pandemia, riguardavano cibo medicinali e pochissimo altro.
Credo da sempre che i bisogni primari di un essere umano siano 4: nutrirsi, dormire, fare branco e ultimo ma non ultimo, ovviamente: SBORRARE.
Del resto pure se l’abbiamo declinata in modo surrogato e controverso la spinta ad accoppiarsi per riprodursi (ma anche no) è quanto di più vitale e impellente tra le cose che madre natura ci trasmette.
Da questo a trasformarlo in: medicina, panacea, hobby, ossessione dipendenza o malattia il passo è davvero breve.
Il sesso è una forte catapulta carica, e la direzione verso la quale spara è data dalla personalità di ognuno.
Fa parte di quelle cose che inevitabilmente fai, sia da solo che in compagnia, ma la modalità e frequenza col quale la si vive cambiano, dando vita a risultati diversi e volendo anche diametralmente opposti; per estremi ad esempio: il mostro di Rostov / Rodolfo Valentino.
Cosi come mangiare in un estremo o nell’altro può dar vita a Bob Paris (googlate…) o a YouTubo anch’io.
Famola breve: sborrare non è solo importante, è inevitabile o meglio… imprescindibile.
La natura mia non è quella di stare appeso a un desiderio per troppo tempo e cosi una bella mattina mi sveglio e mi dico: “oggi se scopa”
Andando contro i miei principi spirituali prendo in mano il pc e mi collego su bakecaincontri.
Cercavo una di quelle rumene al sabor de aglio e goulash un po’ zozzette, olivastre, mezze cecene o curde, roba de rifugiati de guerra, na cosa da pagar poco, e possibilmente vicino casa al fine di ridurre il più possibile la probabilità di farsi bibbitare dalle guardie.
La mia esperienza e il sesto senso me dicevano che avrei trovato qualcuna de quelle stradali da venti euri rintanata a lavorare a casa in qualche posto surreale.
Cosi era in effetti.
Quando aprii la pagina dell’annuncio di Alina (che non aveva nel testo una doppia manco a pagarla) un aroma intenso di aglio e camel light si spanse dagli altoparlanti del pc.
Corcolle.
Nemmeno lontanissimo dai, si può fare.
Dopo aver verificato la disponibilità della mercanzia tramite whatsapp parto convinto che non mi avrebbe fermato mai nessuno, e che se lo avessero fatto di certo avrebbero capito la situazione.
Si perché io avrei detto la verità nuda e cruda.
Avrei mostrato le mie palle come prova evidente di una situazione sanitaria emergenziale.
Non mi ferma nessuno e arrivo in questa strada sterrata dove il civico che cercavo io era… tutta la via.
Tutta la via è il 153 di via polense, con lettere dalla A alla Z, e va a capire dove sta la signorina Alina.
Le scrivo per avere informazioni aggiuntive e mi dice “ma tesoro e ovio no, dove ciè la Opel astra station wagon targata Romania te fermi e soni a citofono”
Divertito dalla caccia al tesoro transilvano percorro sto safari della monnezza tra lavatrici rotte, macchine del gas arrugginite, frigoriferi senza motore abbandonati pe strada e conditi de calcinacci.
Il mio habitat naturale insomma.
Ormai la temperatura del mio rumenometro interno era alle stelle.
Trovo questo bidone targato Bucarest e dopo aver parcheggiato suono al citofono di una palazzina senza intonaco dal quale proveniva la classica fragranza della Romania: aglio, cipolla, peperoni, e carne di maiale in scatola.
Arriva qualcuno e apre il cancello a scorrimento.
All’inizio pensavo fosse automatico invece era un nanerottolo sui 7/8 anni con la maglietta del Brasile falsa di Romario.
Il viale dello stabile era un quadro: bambini sporchi che giocavano a pallone tutti contro tutti con maglie da calcio posticce e false degli anni 90 tipo Zidane Baggio Litmanen, assurdo.
Ancora oggi mi chiedo “ma… ndo cazzo le avranno prese?”
A fine viale c’era un rumeno panzutissimo in canottiera intento a bestemmiare appassionatamente per cambiare i dischi freno di un Opel omega.
L’aveva sollevata di lato con un trespallet da supermercato, che poesia.
In questo idilliaco dipinto iperrealista compare finalmente Alina: una ragazzetta skinny olivastra dalle lunghe leve e l’occhio verde smeraldo triste e furbo di chi ha visto troppe cose in una vita troppo corta.
Io un po’ imbarazzato perché penso che tutti sappiano cosa stia andando a fare ma fa niente, e in realtà non me se fila nessuno, e probabilmente è proprio perché sanno che non desto curiosità.
Er monolocale al piano terra de Alina rasenta il limite del disordine che da fastidio, ma è pulito, o almeno cosi pare.
Prestazione senza infamia e senza lode, che non vale la pena essere più approfonditamente descritta.
Lode che invece merita senz’altro ciò che passava la sua tv Mivar a tubo catodico: una specie di Mtv balcanica che mandava in onda una banda di serbi armati di trombe e sax abbigliati a tute Adidas e mocassini… fenomenale.
Un’ atmosfera cosi gipsy che in confronto Casilino 900 sembra er Coppedè.
Compiuta la liberazione dal liquido seminale me ne vado salutando Alina già convinto che sarebbe stata la prima e l’ultima volta (50€ ma che davero oh)
Torno a casa pensando tutto tronfio che mentre non se poteva andà manco al parco io so andato a meegnotte.
Quanto sono trasgry.
E pure sta medaglia al valore del degrado l’ho conquistata sul campo.
Negli anni non me so messo paura delle nigeriane a Castel di guido né delle rumene a pelle a muratela.
Tantomeno dei soldi arrotolati condivisi in ventordici ai rave ndo se pippava sul marmo dei marciapiedi, per terra.
Me so scambiato i bicchieri coi trans ar frutta e verdura.
Te pare che na polmonite possa ferma’ il Ducato cassonato blanco?
So passati mesi e va tutto bene,
Mai dimenticherò el sabor mari e monti della sora Alina e dell’infrazione per giusta causa.
Er Furgonaro”
Romariatece: